PSICOSI DELLE 4 E 48 questa sera (31 ott.) a LE CHAT NOIR di Tortona

Martedì 30 e mercoledì 31 ottobre 2007 presso "Le chat noir" di Tortona La città invisibile presenta PSICOSI DELLE 4 e 48 uno studio su testi di Sarah Kane con Elena Forlino, regiaTobia Rossi

info e prenotazioni ( posti limitati )
Francesca 3381526776


Sarah Kane (3 febbraio 7120 febbraio 1999) è stata una scrittrice inglese.

Autrice
teatrale, le sue opere trattano senza ipocrisie i temi dell’amore, della crudeltà, del dolore e della tortura, e sono caratterizzati da una intensità poetica crescente, da una prorompente affermazione dell’amore in tutte le sue forme e dall’uso di un simbolismo tagliente e violento, così potente che contraddice e frammenta la narrazione, forse nel tentativo di farci provare l’esperienza di una vita lacerata fin dalle sue radici.
Sarah Kane lottò con una intensa
depressione maniacale per molti anni, ma continuò a lavorare, e fu per un certo periodo la “writer-in-residence” del Royal Court Theatre.
La sua prima opera,
Blasted (Dannati), che traccia parallelismi fra la Gran Bretagna e la Bosnia e contiene scene di stupri, cannibalismo e brutalità, creò il più grande scandalo teatrale a Londra dai tempi della scena della pietrificazione del bambino nello spettacolo Saved di Edward Bond; la Kane adorava il lavoro di Bond e proprio lui difese pubblicamente l’opera e il talento della Kane. Altri autori che influenzarono Sarah Kane furono Samuel Beckett, Howard Brenton, e Georg Büchner. Di quest’ultimo la Kane diresse Woyzeck. La Kane e Caryl Churchill si ammiravano e si influenzarono a vicenda.
Mentre il giornalista del
Daily MailJack Tinker (nome che l’autrice darà poi ad un personaggio particolarmente spiacevole in Cleansed, tradotto in Purificati) aveva descritto la sua prima opera come “questo disgustoso banchetto di sporcizia”, Sarah Kane è ora considerata come una importante protagonista nel teatro britannico, nonché una delle figure chiave del cosiddetto in-yer-face theatre. La sua promettente carriera terminò prematuramente con il suo suicidio nel 1999.
Comunque, questo cambiamento di opinione della critica avvenne solo dopo la sua quarta opera,
Crave, (Febbre). L’opera fu pubblicata originariamente con lo pseudonimo di Marie Kelvedon, per fare in modo che i critici la valutassero come un’opera a sé stante e non come l’ultimo lavoro di una autrice i cui personaggi avevano succhiato gli occhi uno all’altro e cotto alla griglia i loro genitali. Crave si concentra su quattro personaggi, che hanno come nome solo una lettera, legati fra loro da relazioni la cui profondità può essere compresa solo dopo una accurata interpretazione dell’opera. Inoltre, è un’opera altamente intertestuale. Attraverso questa nuova immagine di Sarah Kane, i suoi primi testi sono stati reinterpretati, rivelando personaggi complessi con un dolore sia psicologico che fisico.
La sua ultima opera,
4.48 Psychosis, fu completata poco prima della morte dell’autrice e fu rappresentata una anno dopo il suicidio. Nel 2001 il Royal Court Theatre, che aveva messo in scena tutte le prime degli spettacoli della Kane eccetto uno, ha dedicato una stagione intera alla sua opera.
I critici sono unanimi nell’acclamare la donna che avevano stroncato perché ricordava loro “la peggiore della classe”. La sua influenza sulle generazioni future di scrittori è ancora da valutare, ma è già visibile nelle opere di
Debbie Tucker Green e Joanna Lauren e in Far Away (2000) di Caryl Churchill. Le opere della Kane sono al giorno d’oggi fra le più rappresentate in tutta Europa.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Che strano che gli stessi critici che prima stroncano poi acclamano. Sono curioso, spero ci sia ancora posto per stasera. Ho comprato il libro e non ancora letto. I critici sono conservatori? e/o benpensanti? Ma chi sono i critici? Cosa vogliono? Se un'opera ha successo forse è merito degli attori che la studiano e la mettono in scena. in bocca al lupo!
Anzoletto

Anonimo ha detto...

Non sono un scrittore, non sono un attore, non sono uno critico.
Ma sono uno spettatore.
E quello a cui ho assistito non è teatro. Era qualcosa di "altro".
Certo c'era un testo, c'era un'attrice, c'era un regista.
Ma non era teatro. Era una crisi, una visione, una psicosi, lì, davanti agli occhi increduli...
Ma è stato bello? Mi è piaciuto?
No. Non mi è piaciuto.
Ma ho capito, dopo: non deve piacere.
Era una testimonianza, una cronaca, fredda, precisa, neutra... egocentrica come tutte le lettere suicide, ma sincera.
Peccato che fosse chiusa in un locale così piccolo e sperduto. Avrebbe dovuto essere vista di più.

Anonimo ha detto...

Anonimo, quelle che dici sono cose molto belle e commoventi, perché non esci dall'anonimato per discutere di persona con me ed Elena del lavoro? Ci farebbe molto piacere...
Tobia.

Anonimo ha detto...

Caro Tobia, spero che tu legga la mia risposta. Ti ringrazio tantissimo, ma non mi sento ancora pronto per discutere di teatro... Ma non ti preoccupare, continua così. Io mi farò vivo molto presto!
Grazie ancora!