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per raccontare una vita:
l ’infanzia felice,
la povertà del dopoguerra,
gli anni di solitudine in collegio,
la morte di stalin,
l ’emigrazione verso una lingua nemica.
l ’analfabeta racconto autobiografico di agota kristof
interpretato da daniela tusa (nella foto)
diretto da daniel gol
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L'analfabeta è un racconto autobiografico creato in origine per una rivista zurighese: Agota Kristof, nata in Ungheria nel 1935 e da lì fuggita nel 1956, parla di sé, della sua vita sradicata e del difficile rapporto con la scrittura, fin da quando, a quattro anni, leggeva tutto ciò che le capitava tra le mani. In una sorta di registrazione sospesa, l’autrice crea un ponte tra lei giovane lettrice e noi fruitori, costruendo un racconto che sfiora soltanto l'autobiografia per diventare una riflessione sul tema dell’emigrazione e delle difficoltà ad essa legate. Ripercorre le tappe che l'hanno condotta alla scrittura attraverso un apprendimento linguistico che coincide con l'accettazione della nuova vita di profuga. (produzione Teatrodistinto)
2 commenti:
Agota Kristof, da buona ungherese, sangue odoroso misto di vitalità incalcolabile e malinconia fortissima, ci lascia un dolce alfabeto scomposto. Rompicapo romanticissimo e frizzante che Daniel Gol ha decifrato elegantemente! - per bocca di una spaurita e giullaresca, sempre locomotrice, Daniela - A slavonic humoresque; for piano...
L'analfabeta. Agota Kristof tra scrittura e sradicamento
Daniela Tusa ne 'L'analfabeta'
Un monologo che non si avverte come tale. Sarebbe infatti errato descrivere “L'analfabeta”, racconto autobiografico creato per una rivista svizzera dalla scrittrice ungherese Agota Kristof, in questi termini. O meglio, se per monologo si intende “un componimento teatrale in cui un personaggio parla da solo sulla scena” allora lo è; ma la caratteristica principale dello spettacolo, proposto dalla compagnia piemontese Teatrodistinto, vive nella capacità della protagonista, Daniela Tusa, d'ingannare lo spettatore, portandolo davanti ad una molteplicità di situazioni ed emozioni che fanno perdere al pubblico la consapevolezza di trovarsi di fronte ad una attrice sola in scena.
Nei dieci quadri in cui la profuga Agota Kristof parla di sé e della sua esistenza, travagliata anche da un rapporto conflittuale con la scrittura, l'autobiografia del testo trova nella regia uno spazio che si sviluppa attraverso dieci momenti ben scanditi sia tecnicamente (attraverso le luci) che drammaturgicamente (da una coraggiosa messa in scena).
Le tante fotografie proposte trasportano in un mondo immediatamente altro, metafore estreme di una riflessione importante, anche se sicuramente alta, sul cammino verso il miraggio di un'integrazione che è sempre tanto desiderata quanto imposta.
Allo spettatore non resta che sperare con la protagonista, vivere l'attesa utopistica di un percorso verso qualcosa di vero che tarda a concretizzarsi.
“L'analfabeta” nella regia di Daniel Gol è, insomma, il disegno di un'anima che vaga senza meta da un campo profughi all'altro, trattenendo il suo dolore perchè sempre spaesata e incerta. Un ritratto molto duro, sicuramente poco romanzato, da cui fuoriescono tutte le problematiche dell'inserimento in una realtà distante.
La linea narrativa è pulita e permette di seguire con costanza il non semplice rapporto tra la storia personale di Agota e quella del mondo che si trova, quasi per caso, a vivere, in un gioco continuo a trattenere ed espellere gesti e sensazioni.
Lo stupore più grande, sia per chi guarda che per chi agisce, risiede però nella costatazione amara che la vittoria sulla fame e sull'emarginazione non è che l'inizio di un'altra guerra, da combattere ora contro la solitudine, ma con molte ferite da lasciar cicatrizzare, ancora una volta, in un ennesimo non luogo. Recensione di Davide Sannia su http://www.klpteatro.it/
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