PERCHE' VALE LA PENA DI VEDERE LA RIGENERAZIONE
"La rigenerazione" è forse uno degli apici recitativi ed esistenziali di Gianrico Tedeschi, e la delicata profondità di cui questo grande uomo è così semplicemente ma così terribilmente capace varrebbe, da sola, l'intera serata. Anche il resto del cast merita però il massimo rispetto, e sa affiancarlo con maestria nel capolavoro della sua fame di giovinezza. Tedeschi, nei panni di Giovanni Chierici, esalta l'autenticità e la limpidezza dell'amore adolescenziale, poetico nella sincera sorpresa dell'eros e della bellezza e tutto teso a recuperare quegli attimi che si è reso conto d'aver perduto soltanto in vecchiaia. È stata la sua appartenenza borghese a frenarlo, un tempo, nella realizzazione dei propri sogni, così come ora quello stesso mondo non sa comprendere i desideri di rivalsa del suo inconscio. Perché nella Trieste dei commercianti - che Svevo ben conosceva - ciascuno persegue una felicità materiale, veicolando così con piglio surreale l'idea di una comunità ridicola, chiusa e benevola a un tempo, fatta di pena, ironia, sofferenza e distacco che vicendevolmente s'intersecano e rafforzano.Nell'"operazione", tema portante del testo, cogliamo una chiara allusione alla cura Voronoff, ciarlataneria in voga nella Trieste del tempo, che Svevo seppe utilizzare perfettamente come pretesto per le proprie ossessioni letterarie. È come se nel caos fisico che si muove intorno e dentro all'anziano protagonista, l'autore ravvisasse il caos del vivere. La "cura" sta tutta nella suggestione che gli provocano la nostalgia del passato e la possibilità fittizia di una rinnovata gioventù, nell'illusione di riparare ai propri errori, di avere una nuova chance e poter imboccare, almeno nell'immaginario, la via mancata nel bivio delle proprie scelte giovanili, quando non seppe cogliere l'attimo. Irene Noli (nella foto)
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