Recensione di MACBETH di Jurji Ferrini (rappresentato il 16 e 17 ottobre a Valenza

A cura di Alessandro Striscia
Va in scena al teatro sociale di Valenza la tragedia di Macbeth, l'opera shakesperiana viene rivisitata in chiave moderna, la scenografia appare scarna, praticamente rappresentata soltanto da una grossa base rotonda sul palco, una panca rettangolare e qualche cubo usato dagli attori come sgabello o come pulpito. Lo sfondo è pure minimale, ma rende bene l'idea dei foschi paesaggi nordici dell'ambientazione.
Il pubblico presente non riempie la sala, i palchi sono tutti vuoti, da questo punto di vista la rappresentazione avviene in tono minore; l'azione ha inizio con il re Duncan di Scozia che viene informato da un capitano ferito sulla vittoria in battaglia di Macbeth contro il traditore McDonald, segue l'entrata in scena delle 3 streghe che, interpretate con vivacità e umorismo, calano lo spettatore nell'atmosfera un po' mitologica e surreale della
trama; qs entra poi nel vivo con l'entrata in scena dei 2 guerrieri Macbeth e l'amico Banquo, trionfanti dalla battaglia, che incontrano le streghe portatrici delle profezie che guideranno il susseguirsi dei tragici eventi. I costumi degli attori, quasi delle divise di moderni soldati, proiettano lo spettatore in uno scenario che potrebbe essere attuale; Macbeth è tormentato dalla profezia che lo vuole re, l'attore a mio avviso trasmette con capacità interpretativa i dubbi che lo pervadono, tra la fedeltà del valoroso combattente e l'ambizione criminale a regnare; dubbi che in questa fase vengono risolti da una efficace lady Macbeth, che lo sprona ad agire senza indugi, a non sottomettere il desiderio alla paura; la tragedia vive sul rapporto patologico dei due amanti, un rapporto che appare dolce nella sua immensa fragilità; l'azione procede con rapidità, forse troppa per poter apprezzare appieno la caratterizzazione dei personaggi, come la scenografia anche lo svolgimento è schematico, riportando in veloce sequenza tutti i momenti principali dell'opera; le emozioni vengono così ad aggredire lo spettatore, colpendolo certamente ma non avendo modo di attecchire in profondità; la durata ridotta della rappresentazione sacrifica a mio avviso le sensazioni del pubblico, a volte sembra quasi di assistere ad una sintesi un po' didattica, di assaggiare la parte di un tutto che sarebbe molto più coinvolgente se avesse il tempo di esprimersi. La rappresentazione ha così il merito principale di raggiungere lo scopo che credo il regista si prefigga: divulgare a un pubblico non troppo esigente l' opera di un genio dell'introspezione umana; con questa premessa, vanno apprezzati gli attori, che utilizzano pienamente gli spazi e i tempi a loro disposizione, appare lodevole soprattutto l'interprete di Macbeth, che sa trasmettere lo stato confuso del protagonista nella pronuncia talvolta incerta delle battute, si evince che abbia davvero vestito i panni mentali di Macbeth. Il "primo tempo" termina con l'incoronazione di Macbeth conseguente al suo regicidio di Duncan, fra gli applausi tiepidi di un pubblico un po' colto di sorpresa dal break. Nella seconda parte l'opera conosce la sua fase migliore, con il rapido volgere al tragico finale della storia d'amore, tra gli innumerevoli omicidi di Macbeth che traducono in tirannia il regno tanto bramato; il sospetto avvelena tutti i rapporti nei confronti di sudditi ed amici, portandolo a macchiarsi di efferati delitti, tra cui l'amico Banquo e l'intera famiglia del nobile McDuff, omicidi che turberanno la sua psiche e quella di lady Macbeth, impersonata con bravura dall'attrice che delinea la figura di una donna scossa, in fondo consapevole più di Macbeth della rovina di cui si sono contornati. Molto intensa è la scena della cena durante la quale Macbeth crede di vedere il fantasma di Banquo seduto al posto che dovrebbe essere suo. Si ha la netta sensazione di un'azione che fa rotolare verso il baratro la storia dei 2 amanti e la scozia verso una nuova guerra: l'ambizione ed i deliranti sogni di gloria hanno pregnato di ansia e angoscia la scena. In questo contesto, rende merito alla creatività del regista la scena che vede Macbeth rivolgersi x una nuova profezia alle 3 streghe ed al maligno; questi compare in scena vestito come un leggiadro ballerino di musical, in sottofondo la canzone di Frank Sinatra "That's life" e una palla stroboscopica che cala dal soffitto, simboleggiando una follia che affascina a prima vista, trasformando agli occhi quello che è in realtà solo effimero. Macbeth appare in tutta la sua tragica figura di uomo che ha creduto in ciò che era solo un'apparenza di felicità e che invece lo ha condotto alla distruzione; tuttavia, trova ancora un appiglio ed un barlume di speranza in quest'ultima profezia: "nessun uomo generato da donna potrà ferirlo", "Macbeth non perderà fino a che la Grande Foresta di Birnam non risalirà il colle di Dunsinane"; anche qs previsioni tecnicamente si riveleranno esatte, come le altre che lo portarono ad essere re, ma non serviranno a salvare nè lui, nè lady Macbeth, che morirà nell'indifferenza del suo amato, reso insensibile anche al suo ultimo grido dal rimorso e dalla follia; nel gelo che avvolge la regale dimora, Macbeth recita il famoso soliloquio "Domani e domani e domani", interrogandosi sull'inutilità della vita. I nemici sono ormai alle porte e si completa così la vendetta di McDuff e la rappresentazione valenzana di Macbeth, lasciandoci cmq uno scorcio apprezzabile sull'opera di Shakespeare, in forma ridotta e concentrata, ma cmq godibile e fruibile da un ampio pubblico, che sicuramente avrà voglia di appassionarsi al teatro ed approfondire la conoscenza del grande maestro inglese.
Valenza, 16 ottobre 2008

Nessun commento: