A Souze d'Oulx teatro d'estate

SABATO 8 AGOSTO ore 21.00 - Teatre D’Ou (teatro d'agosto) di Sauze d’Oulx
PROGETTO PER HELEN
liberamente ispirato a La storia della mia vita (Helen Keller)
di e con Silvia Battaglioe con Patrizia Pozzi, Alessandro Curino, Amalia De Bernardis- riferimenti letterari Mario Lodimusiche di Torgue/Houppin, Matmos, Album Leaf - organizzazione Roberta Savian - tecnico di compagnia Francesco Fuggetta - costumi Daniela Gramaglia produzione Tangram Teatro Torino

“Sono nata il 27 Giugno del 1880, in Alabama.
L’inizio della mia vita fu semplice e del tutto simile a quello di qualsiasi altra bimba. Poi nel triste mese di Febbraio, giunse la malattia che mi chiuse gli occhi e le orecchie, e mi precipitò nell’incoscienza di una neonata.
A poco a poco mi abituai al silenzio ed all’oscurità che mi avvolgevano e dimenticai che c’era qualcosa di diverso, fino a quando il mio spirito fu liberato per opera della mia maestra. ‘Luce! Datemi luce!’ era il grido inarticolato dell’anima mia, e proprio in quell’ora la luce dell’amore brillò su di me. Qualcuno la strinse ed io fui sollevata e chiusa tra la braccia di colei che mi avrebbe svelato l’universo e soprattutto mi avrebbe amata. La mia maestra”.
(Helen Keller)

Questa è la storia di una bella bambina di nome Helen, che forse per un’innata forza interiore, o più semplicemente perché è dalla percezione del proprio limite che, molte volte, nasce la creatività e il bisogno di trovare strade, riesce a uscire dal buio della solitudine.
E’ la storia di Helen, dell’intenso rapporto con la sua maestra che, con intelligente intuito e amore, trova il modo per educarla, dimostrando come, in ogni situazione umana, per quanto difficile, possa concretizzarsi un’esistenza dignitosa, purché in quell’esistenza esista una possibilità di comunicazione.
Parlare di “qualità della vita” significa per il sordo-cieco dover affrontare il problema dell’educazione, dello sviluppo dei sensi, i cui stimoli permettono alla persona di potersi relazionare con il mondo che lo circonda.

L’essere umano è prima di tutto un corpo, un corpo che respira, che pensa, prova emozioni, parla, agisce, un corpo che crea relazioni con l’ambiente che lo circonda.
Senza questa possibilità di relazione egli non è più niente, non gli resta altro che la sua solitudine, la sua gabbia oltre la quale non può vedere, sentire, toccare.
L’essere umano è dotato di un corpo che ha senso solo se diventa un corpo sociale, comunitario, e cioè volto ad entrare in relazione con la comunità.
Il corpo comunitario è la zona in cui si esprime il senso, dove circolano i simboli e le energie proprie di ogni essere vivente, dove avviene lo scambio.
Si può affermare che la vera nascita non avvenga nel momento in cui si esce dal ventre materno, ma nell’istante in cui incominciamo ad instaurare uno relazione con la comunità di cui facciamo parte.
Come nelle società primitive, noi nasciamo quando nasciamo nella vita sociale, prima siamo soltanto un semplice corpo singolo.
Il corpo comunitario non può accettare che l’individuo viva solo, separato dalle cose e dagli altri esseri viventi, chiuso dentro un bolla impenetrabile, perché una simile situazione farebbe di quell’individuo il punto in cui il processo di scambio e di relazione si arresta, interrompendo così la circolazione delle idee e dei corpi e generando nella comunità un vero senso di smarrimento.

Comunicare significa “mettere insieme”, stabilire una relazione con qualcosa di esterno a noi. Il corpo, nel suo gesto, ha la stessa funzione del grido, dell’urlo che esce come qualcosa di antico, di spontaneo, di puro, indenne dal procedimento mentale che spesso ci porta a perdere quell’immediatezza propria del gesto.
“Ancora oggi il silenzio grava immenso sull’anima mia.
Ma poi sopraggiunge la speranza e mi dice sorridendo: “la gioia sta nel dimenticarsi di sé”.
Ed io allora cerco di trasformare la luce che c’è negli occhi altrui nel mio sole, la musica che c’è nelle loro orecchie nella mia sinfonia, il sorriso delle loro labbra nella mia felicità”.
(Helen Keller)

Senza questa reciprocità la comunicazione è impossibile.
Il bambino, nel suo percorso di crescita, impara gradualmente a passare dal verso alla parola articolata, nel tentativo di comunicare con l’ambiente, e così il linguaggio non è altro che il prolungamento del suo corpo oltre i limiti fisici, nel tentativo di scoprire l’altro e di instaurare relazioni.
Il silenzio è un segnale comunicativo di grande forza, esso può essere costruttivo oppure può essere una porta chiusa verso il mondo esterno, quindi difensivo, ma quando esso è costrizione diventa una gabbia da cui il corpo vorrebbe uscire, ed lì che inizia quel cammino che porta una bambina come Helen a rompere la barriera della solitudine.
Helen lo fa con forza, con grida, con rabbia, passa dalla violenza per poter arrivare alla dolcezza, riuscendo a trovare uno spazio per le emozioni positive, per l’amore, per tutte le cose del mondo che i suoi occhi non vedono, ma di cui i suoi sensi percepiscono l’infinita bellezza.
Attraverso il risveglio dei sensi, Helen entra in contatto col mondo, a rinascere nella consapevolezza di una vita nuova in cui la porta della conoscenza le si spalanca facendole scoprire la bellezza e la magia di un universo che può essere toccato e vissuto.
Contro la paura dei genitori, contro la pietà di chi la compatisce, contro l’ottusità delle persone piccole, Helen apre lo scrigno che racchiude una realtà di colori, suoni, vibrazioni e sapori ai quali anche lei, ora, può partecipare con gioia.
Grazie all’incontro con la quella che sarà la sua maestra di vita, Helen arriva a percepire e a dialogare con la realtà esterna, Anne Sullivan sarà per lunghi anni la voce di Helen, la seguirà fino all’università traducendo per lei in alfabeto manuale le parole degli insegnanti durante le ore di lezione, ma soprattutto l’incontro con Anne permetterà alla piccola Helen di conoscere il mondo, gli animali, la natura, gli altri esseri umani ed infine l’amore.

Dopo aver imparato a comunicare attraverso il linguaggio dei segni, l’alfabeto manuale e il metodo Tadoma, Helen Keller riuscirà a leggere in Braille ed infine a parlare.
Impara a leggere il latino, il francese, il tedesco e il greco.
Nel 1900, viene ammessa al Radcliffe College, dove si laurea all’età di 24 anni. Diventa così la prima persona sordo-cieca a laurearsi in un college.
Si impegna in numerose battaglie per i diritti dei disabili, fonda l’organizzazione non-profit Helen Keller International per la prevenzione della cecità. Diventa membro del Partito Socialista Americano scrivendo molti articoli in favore della classe operaia.
Hellen Keller morirà nel 1968, all’età di 87 anni, lasciando un segno indelebile nella consapevolezza che è proprio nella comunicazione che l’uomo esiste e può dirsi vivo, nel linguaggio (qualunque esso sia), egli può esprimere e costruire il senso del proprio essere, imparando a relazionarsi col mondo, con la natura e tutti i suoi splendori. (Silvia Battaglio)

Nessun commento: