Sabato 29 gen. 2011, h, 21 - Teatro Giacometti di Novi Ligure


I GIGANTI DELLA MONTAGNA
di Luigi Pirandello
con Ester Cucinotti, Maria Cucinotti, Stefano Randisi, Marika Pugliatti, Giovanni Moschella, Giuliano Brunazzi Luigi Tabita, Enzo Vetrano, Antonio Lo Presti, Margherita Smedile, Eleonora Giua, Paolo Baietta
regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
DIABLOGUES/TEATRO STABILE DI SARDEGNA/TEATRO DE GL'INCAMMINATI/TEATRO CARCANO in collaborazione con TEATRO COMUNALE DI IMOLA
Vetrano e Stefano Randisi, nomi di punta dell’avanguardia teatrale italiana, hanno una frequentazione di vecchia data con le opere di Pirandello. Furono i protagonisti dei Giganti della montagna che Leo De Berardinis, loro maestro, mise in scena agli inizi degli anni Novanta in una storica edizione celebrata con il premio Ubu. Da allora la produzione del più grande drammaturgo italiano del Novecento è stata a lungo indagata dai due attori-registi siciliani. Il viaggio, iniziato nel 1999 con Il berretto a sonagli, è successivamente proseguito con la compagnia Diablogues da loro stessi fondata. Sono nati così gli spettacoli L’uomo, la bestia e la virtù e, più recentemente, Pensaci, Giacomino!, allestimento lo scorso anno selezionato nella terna finalista al premio Eti «Gli Olimpici del Teatro» per la categoria «miglior spettacolo di prosa». Per niente affaticati da questa «militanza», Vetrano e Randisi sono tornati alle origini. E anche forti dell’esperienza realizzata con De Berardinis hanno deciso di affrontare con la loro particolare cifra stilistica I giganti della montagna, l’ultima e incompiuta opera di Pirandello, che anche qui, come nei Sei personaggi in cerca d’autore e in altri lavori, si richiamò al principio del teatro nel teatro, ma con l’intenzione di superarlo.
I Giganti della montagna è sicuramente l’opera più simbolica del drammaturgo siciliano. E, oltre a rappresentare un tributo al teatro, al tempo stesso esprime, come una denuncia, il rischio del dominio dell’ignoranza sul nobile intento della poesia, incarnato da una compagnia di teatranti ormai ridotta in miseria. Un tema quanto mai attuale, intorno al quale Vetrano e Randisi hanno costruito uno spettacolo cui faranno scenicamente da prologo un cipresso, «albero da camposanto in un luogo, ai confini dell’aldilà, dove si potrebbe scivolare nell’invisibile con un semplice passo», e un olivo saraceno, «simbolo di vita e memoria». Frontiere dentro le quali si compie il Mito di una recita di fronte ai giganti della montagna che nessuno mai vedrà, ma di cui si sentirà parlare per tanto tempo. (Francesco Mazzotta)

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