OTELLO di Andrea Giordana

Giovedì 2 aprile 2009, ore 20,45 - Teatro Sociale di Valenza
OTELLO di William Shakespeare
con Andrea Giordana (nella parte di Otello - vedi foto) - Adattamento di Giancarlo Sepe, che ha curato anche traduzione e regia. Con Luchino Giordana (Iago), Ivana Lotito (Desdemona), Valentina Valsania (Emilia), Andrea Calbucci (Cassio), Barbara Giordano (Bianca), Michele Mietto (Lodovico), Pino Tufillaro (Roderigo). Le scene sono di Almodovar, le musiche di Harmonia Team con la collaborazione di Davide Mastrogiovanni.

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Un luogo per Otello, un sognatore romantico che scappa dalla realtà cruda, quella dei dolori del cuore, perché ha paura di soffrire. Egli agisce in una sorta di decanto della reggia, dove non ci sono veri e propri segni del valore e del grado, ma solo un rifugio. Nessuno ama Desdemona come l’ama lui, questo tutti lo sanno, eppure, per una storia di forma e di facciata, devono dimostrare che l’amore della giovane è solo un errore dovuto alla gioventù e nient’altro, e a questo s’impegnano di porre rimedio gli uomini bianchi come coalizzati in una vendetta da postribolo, preparata senza amore ai danni di chi invece l’amore lo sente: forte, tumultuoso, un amore che sembra un dono che Otello crede di non meritare completamente. Quasi è lui il primo a non capacitarsi di come una donna bella e giovane e bianca possa davvero innamorarsi di lui, senza che quest’atto di giustizia, non debba nascondere una trappola.
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Note di regia: è ora, forse, di dare a questa meravigliosa tragedia una sua liceità intimista, una sorta di passaporto per l'inferno dei sentimenti, la straziata sensazione che la diversità regala alle persone che giorno dopo giorno, da ogni angolo della terra, popolano terre a loro sconosciute e si presentano a coloro che dovranno accoglierli e dovranno decidere del loro futuro, Otello ama una donna da cui è riamato, Otello non viene comandato, ma comanda, Otello non crede a tutti questi privilegi che lo investono.Per amare il prossimo egli deve amare se stesso, cosa che non gli riesce appieno e che genera mostri dell'inconscio in cui Iago ha facile accesso, ingenerando nella sua mente, subornata dalla fortuna, la quasi certezza che tutti quelli che lo stimano, lo sopportano e lo odiano, e tutti quelli che lo amano, lo tradiscano. Tragedia di un Io diviso dal desiderio di credere e dalla certezza che chiunque lo apprezzi sia più conquistato dalla sua forza che dal suo cuore. Otello maturo, per una lettura che non ha bisogno né di attualizzazioni né di rispettose ambientazioni d'epoca.… Un luogo per Otello, un sognatore romantico che scappa dalla realtà cruda, quella dei dolori del cuore, perché ha paura di soffrire. Egli agisce in una sorta di decanto della reggia, dove non ci sono veri e propri segni del valore e del grado, ma solo rifugio, uguale a quello che gli studenti per affrancarsi dalla vigilanza dei genitori, s’inventano in spazi non canonici, in luoghi dove è difficile capitare per caso. Come succede ai pazzi deliranti dei racconti di Poe, che per le loro brutture o torture psicologiche, usano le cantine, le torri, e i giovani i garage o i lavatoi, o le zone dove alloggiano i condizionatori, le lavanderie e così via.… Otello una sorta di capitan Nemo che comincia a odiare gli uomini, perché questi lo hanno tradito, deriso blandito, hanno fatto finta di accettarlo, per poi distruggerlo per una vile storia di letto, solo perché la sua donna, bella e giovane, ha scelto lui, nero e avanti con gli anni. Nessuno ama Desdemona come l’ama lui, questo tutti lo sanno, eppure, per una storia di forma e di facciata, devono dimostrare che l’amore della giovane è solo un errore dovuto alla gioventù e nient’altro, e a questo s’impegnano di porre rimedio gli uomini bianchi come coalizzati in una vendetta da postribolo, preparata senza amore ai danni di chi invece l’amore lo sente: forte, tumultuoso nel petto, un amore che sembra un dono che Otello crede di non meritare completamente. Quasi è lui il primo a non capacitarsi di come una donna bella e giovane e bianca possa davvero innamorarsi di lui, senza che quest’atto di giustizia, di equità nei confronti di un nero, non debba nascondere una trappola, un trabocchetto. Dicevo di un capitan Nemo che in onore del suo idealismo e della purezza s’invaghisca della stella, invece che degli abissi, degli astri, dei colori, delle musiche e che solo in un contesto che sente amico, com’è nella scena, riesce ad essere se stesso, anche se aggredito da porte che vomitano personaggi dei suoi incubi, dei suoi presagi o quelli mossi dalla forza di Jago. Solo lì, al sicuro da sguardi indiscreti, riesce a malapena a dipanare gli avvenimenti che scoppiano in lui e non trovano una loro plausibilità cronologica, come se il tempo degli accadimenti fosse impazzito, oppure come se fosse accaduto già tutto e noi vedessimo solo i fantasmi di un’angoscia che non riesce a placarsi. Jago chiede ad Otello cosa voglia dire un bacio dato di nascosto … ecco per il Moro prendere forma la paura, l’abbandono, la solitudine, la perdita di qualcosa che nessuno potrà più restituirti una volta persa. Perdere Desdemona è come dire addio all’illusione di una vita fatta di passioni, a cui sembrava aver rinunciato da tempo. Otello è innamorata della vita fatta d’amore, che è l’unica vita che ti dà l’illusione della giovinezza. L’amore cancella la differenza a fa assomigliare tutti quelli che amano a degli Dei immortali, proprio perché innamorati. L’Otello è romantico perché finché si commuoverà sarà vivo. (Giancarlo Sepe)

1 commento:

Monica Buggia ha detto...

L’Otello portato in scena da Andrea Giordana per la regia di Giancarlo Sepi è davvero “l’Otello che non ti aspetti”. Un classico, ma reinterpretato in maniera totalmente nuova, dove gli episodi si susseguono con al costante presenza scenica di tutti i protagonisti, dove Otello assiste sempre più inquieto a ciò che accade come in un sogno, come se i personaggi fossero fantasmi, presenti nella sua mente, nei ricordi, nell’immaginazione, dove presente e passato si confondono, rendendo ancora più veritiero il lento offuscamento della ragione, fino alla tragedia finale. Un bel ritmo, leggero ed intenso al tempo stesso, dove Otello domina senza sovrastare insieme ad un prepotente ed affascinante Iago che lo incalza, una Desdemona fresca, “moderna”, incantevole nella sua contraddizione tra l’amore coniugale e l’idealismo adolescenziale che la spinge a difendere Cassio fino alla rovina. Belli e fugaci i personaggi che “contornano” i protagonisti, a volte solo un po’ frettolosamente abbozzati, forse per una scelta artistica che privilegia una interpretazione più fluida e snella, considerata la notissima storia dell’Otello: Cassio, Bianca, Emilia, Lodovico e Roderigo si trasfigurano e diventano “sogni”, immagini fugaci ma drammatiche, profondamente umane nella loro condizione di dolore, ambizione, malizia o rettitudine. Iago è il gran burattinaio di questa vicenda, vero antagonista del Moro, che lo conduce alla pazzia fomentando i sospetti, travisando dialoghi. Un Iago che forse odia sé stesso più di tutti, che invidia ciò che non ha, ma che tradisce Otello per non tradire sé stesso e la sua natura, manipolatrice e cinica. Le luci giocano col colore rosso, quello dell’ira che cresce come cresce l’odio e il risentimento del protagonista, la musica accompagna splendidamente questi momenti onirici in cui i protagonisti sembrano apparire e scomparire dalla mente e dalla vita di Otello, lasciando l’impressione che Otello sia sempre solo in mezzo a tutti, che lui e solo lui sia destinato alla solitudine nonostante tutti i privilegi, il potere, l’amore che il destino gli ha concesso.
MONICA BUGGIA